La notizia è di quelle che fanno riflettere. Che l’acqua minerale, così come quella del rubinetto, sia contaminata da microplastiche, non è più un mistero. Un recente studio realizzato dall’organizzazione no-profit Orb Media ha rivelato al mondo l’importante scoperta, lasciando perplessi anche i produttori dei più noti brand di acque in bottiglia.
Le conclusioni della ricerca sono degne di nota: sembra, infatti, che quasi tutte le acque minerali contengano piccole fibre di plastica.
L’acqua in bottiglia non è migliore di quella del rubinetto
Chi ancora crede che l’acqua minerale acquistata al supermercato sia più buona e pura di quella del rubinetto ora dovrà ricredersi. Orb Media, infatti, sostiene che il 93% delle acque imbottigliate contenga quasi il doppio delle microplastiche presenti nell’acqua pubblica.
In un mondo invaso dalle particelle di plastica, come si può pensare che esse non riescano a contaminare anche l’acqua in bottiglia?
Inoltre, non si dimentichi che i controlli annuali effettuati sulle acque minerali, sono minori rispetto a quelli a cui le Asl e le società che gestiscono gli acquedotti sottopongono l’acqua comunale (4 analisi su 67 parametri).
Lo studio di Orb Media e i brand coinvolti
L’indagine, voluta dalla ricercatrice Sherri Mason e dal suo team, si è svolta prendendo come campione 259 bottiglie d’acqua minerale di 11 diverse marche, sia nazionali – Aqua (Indonesia), Bisleri (India), Epura (Messico), Gerolsteiner (Germania), Minalba (Brasile), Wahaha (Cina) – sia di proprietà di alcune multinazionali (Aquafina, Dasani, Evian, Nestle Pure Life, San Pellegrino).
Le analisi sono state condotte in collaborazione con la Fredonia State University of New York e, per escludere rischi di contaminazione, tutti i passaggi precedenti l’arrivo delle acque in laboratorio, sono stati documentati attraverso un video.
Per effettuare i test si è scelto di utilizzare una tecnica sviluppata di recente da alcuni scienziati britannici per individuare la presenza di plastica nell’acqua del mare. Il metodo prevede l’uso del colorante Rosso Nilo (Nile Red) in grado di aderire alla plastica e di evidenziarla, rendendola fluorescente, sotto un particolare tipo di luce e a determinate lunghezze d’onda.
Al fine di isolare le microparticelle più grandi di 100 micron, i campioni d’acqua messi in evidenza dal Rosso Nilo, sono stati filtrati e, successivamente, studiati. L’analisi delle particelle ha stabilito la loro composizione (plastiche di vario tipo) e la concentrazione (10 microparticelle per litro). Oltre a queste, però, i ricercatori di Orb Media hanno rilevato anche un’elevata concentrazione di particelle piccolissime (tra i 6,5 ai 100 micron) nell’acqua, di cui però non è ancora stato possibile capire la concentrazione.
Per correttezza, va segnalato che la tecnica del Rosso Nilo non è ancora una prova definitiva in termini scientifici perché il colorante non si lega solo alla plastica ma anche ad altri componenti quali gusci e alghe. Sherri Mason però, è razionalmente convinta che le microparticelle siano davvero di plastica perché residui di gusci e alghe non dovrebbero mai essere presenti nelle acque minerali.
L’origine delle microplastiche
Una volta stabilito che anche l’acqua in bottiglia contiene microplastiche, è necessario capire da dove esse provengano. L’ipotesi più accreditata è che l’apertura della bottiglia sia la causa della contaminazione. Quando viene svitato un tappo, infatti, piccolissimi frammenti di polipropilene possono cadere all’interno della bottiglia. Questo giustificherebbe anche il fatto che le concentrazioni di microplastiche varino non solo da marca a marca ma anche da bottiglia a bottiglia. Delle 259 analizzate, solo 17 sono risultate non contaminate.
Le reazioni dei brand
Al termine delle analisi, tutte le aziende coinvolte sono state contattate dalla stessa Orb Media e, molti portavoce hanno garantito con comunicazioni ufficiali che le loro acque soddisfano tutti i requisiti di legge. Hanno dichiarato, infatti, di effettuare periodicamente test approfonditi e analisi interne che segnalano che la presenza delle microparticelle plastiche è ampiamente sotto i limiti stabiliti.
Tutti i brand concordano, inoltre, nel dire che l’eventuale presenza di un numero maggiore di microplastiche può dipendere dal processo di imbottigliamento oppure dal contatto del prodotto con l’aria e con i materiali di imballaggio.
Nestlé, invece, dopo avere realizzato e diffuso analisi interne che confermano la qualità della propria acqua, ha sollevato dubbi sul metodo di studio basato sul Nile Red che, essendo troppo recente, potrebbe non essere del tutto attendibile e produrre falsi positivi.
Le microplastiche sono pericolose?
Al momento è difficile dare una risposta certa a questa domanda. La stessa Sherri Mason, però, ha chiesto di non fare allarmismi e questo è confortante. La situazione attuale, anche a fronte dei dati emersi, non è drammatica ma sicuramente va tenuta sotto controllo. Al momento non ci sono prove che l’assunzione di piccole quantità di microplastiche faccia male all’organismo ma è troppo presto per dire se ci saranno possibili complicazioni o problemi di salute a lungo termine.